TESTI DISTRIBUITI IN PIAZZA SABATO 20 NOVEMBRE

LA VERA EMERGENZA E’ L’ATTACCO AL VIVENTE

Da mesi le piazze italiane si riempiono di persone che si oppongono alla dittatura sanitaria in corso e alla campagna vaccinale di massa con l’imposizione del green pass. Ma come se non bastassero le continue e immancabili censure e infangamenti da parte della propaganda, ora è la possibilità stessa di manifestare un dissenso che viene attaccata, verso una realtà sterilizzata da ogni possibilità di critica e ribellione, abitata da masse tecnonarcotizzate svuotate dal senso di umanità e libertà.

I tassi pandemici vengono alzati e abbassati per meglio adattarli alle loro ragioni di natura totalitaria, dove il braccio repressivo si rinforza e non viene mai a mancare: fermi, denunce, perquisizioni, cariche della polizia e non per ultimo il divieto di manifestare se non lontano dagli occhi sensibili della cittadinanza corredata di lasciapassare verde.

La propaganda sanitaria martellante diffonde terrore sulla fine della copertura immunitaria da vaccino (se questa esiste) per sobillare non troppo velatamente la corsa all’ennesima dose, mantenendo alta l’ansia sociale indirizzata a rassegnarsi; nel frattempo schiaccia e reprime coloro che si oppongono a questo processo di biodigitalizzazione tecno securitario e disumanizzante. In nome di un’emergenza tutto il comparto tecno-scientifico si è trovato ad avere gli strumenti per un pieno controllo biologico del vivente verso una mappatura genetica globale in cui definire “lo stato di salute perfetto” che se da una parte evidenza la dimensione eugenetica di tali ricerche, dall’altra spinge ad un completo affidamento della nostra corporeità a tecnici-biotecnologi verso la società-clinica in cui siamo tutti malati-pazienti-soggetti da sperimentazione docilmente sottomessi e frammentati dalla digitalizzazione in ogni ambito della vita. Una scientifizzazione totalitaria che si diffonde in nome del buon senso e dell’interesse di tutti, ma che nella realtà si concretizza nella negazione della condizione umana per organismi biologici-cibernetici-cyborg come nei progetti di Cingolani, Ministro della transizione ecologica, transumanista ed ex direttore dell’Istituto Italiano di Tecnologia e al soldo dell’azienda delle armi Leonardo-Finmeccanica.

La direzione è chiara e presto non ci saranno più bivi in cui scegliere un’alternativa, ma solo strettoie in cui sentirsi soffocati. In altri stati (Marocco, Israele e India tra tutti), comprare da mangiare e curarsi in ospedale sono già diventati “diritti” esclusivi dei soli vaccinati e tracciati nel grande laboratorio digitale. Persone sono state lasciate morire di fame perché un algoritmo non validava la loro identità e di conseguenza negava la loro razione di alimenti. Nel flusso digitale tutto sembra perdere di valore e di concretezza, ma nei grandi laboratori di ricerca si continua a sperimentare per l’ingegnerizzazione dell’umano, una materialità che non può essere occultata, ma che, come una ferita aperta continuamente sollecitata, ci spinge alla lotta.

La grande trasformazione è globale e punta a resettare ogni cosa, noi compresi.

La realtà è stata congedata per un più accattivante show televisivo pandemico in cui appare evidente ormai che l’agognato ritorno alla normalità è lo specchietto per le allodole dei tempi moderni: con il green pass stanno strutturando il futuro dell’identità digitale di massa, con i vaccini a mRNA stanno tracciando la strada per la completa manipolazione dei corpi e della natura umana, instaurando il nuovo paradigma di controllo e gestione della vita che ben presto diventerà la norma, imponendosi come nuovo modello clinico e sociale che sempre più ci vedrà fusi con le macchine in sterili e igienizzate smart cities – progetto caro al sindaco Gori che sfruttò il periodo di massima preoccupazione e timore della bergamasca per installare antenne 5G in ogni dove (nascondendone gli atti ma che riportano in calce la sua firma). Una codifica QR del mondo che vorrebbero inglobare direttamente nei nostri corpi fondendo digitale e biologico, ingegneria sociale dei comportamenti ed ingegneria genetica della vita unite dal filo conduttore elettromagnetico del 5G e l’internet dei corpi comunicanti.

La terapia genica a mRNA rappresenta il precedente per la manipolazione genetica di massa, che passerà sotto l’orpello della salvezza collettiva, verso una società transumanista che non lascerà spazio ai ripensamenti: un quadro grondante di eugenetica e controllo securitario. Gli anziani – primi veri e propri soggetti passivi da esperimento – gli adulti e le donne incinte non sono abbastanza per completare il quadro. Ora sotto attacco sono anche i più piccoli di cui proprio l’AIFA parla di una vera e propria sperimentazione a cui bambine e bambini dovrebbero prestarsi senza troppe storie. La disumanizzazione e l’affidamento alla tecno-scienza sono stati introiettati al punto che sembra accettabile dare in pasto a Big Pharma la difesa di noi stessi, ma soprattutto dei più piccoli, sotto la logica del “male minore” e del “progresso medico”.

Ma il disastro medico a cui stiamo assistendo è sotto gli occhi di tutti: decessi, malattie, danni irreversibili da “vaccino”, per non parlare di tutti le conseguenze avverse derivanti dall’inoculazione di materiale transgenico nel corpo umano. Forse faremo la fine delle piante transgeniche F1 sterilizzate per accettare di buon grado la riproduzione artificiale dell’umano? Un disastro che porterà a corpi adattati dalla e per la tecnologia avanzata, mutilando l’esperienza stessa della nostra condizione umana verso individui aumentati da protesti tecnologiche e corretti geneticamente.

Vogliono colonizzare le nostre esistenze, dal concepimento alla predazione degli organi, consumati come merci dal complesso industriale medico.

Non chiediamo la magra carità della sopravvivenza, ma difendiamo la vita altra.

 

Il virus della repressione non muore mai

Il virus della repressione non muore mai

Se il tasso pandemico è in calo, e se mai vi è stato un picco, è evidente che il braccio repressivo del nuovo ordine digital-genetico ha, al contrario, bisogno di rinforzare il proprio tiro. Lo vediamo in questi giorni a Trieste, dove i reparti antisommossa della Lamorgese non fingono neanche più di fiutare “pericolosi estremisti” da attaccare con tenacia, anche a costo di colpire la testa sbagliata. La truppa obbediente intossica con lacrimogeni e colpisce con idranti ad acqua pressurizzata migliaia di manifestanti estremamente pacifici, non solo di Trieste, ma da tutta Italia, accorsi a dare solidarietà a una chiamata che ha ben pochi precedenti.
Gli strateghi della repressione non hanno alcun scrupolo morale: la motivazione dell’impiego di metodi violenti, ma in questo caso più morbidi – se paragoniamo Trieste ai tristi ricordi del G8 di Genova – non è da ricercare in un qualche indietreggiamento, ripensamento o reticenza. Semplicemente, costoro ritengono che non è ancora il momento per quei metodi utilizzati durante il G8 o anche nelle carceri durante il lockdown, con una violenza prima esposta e poi spettacolarizzata al fine di diffondere terrore. Adesso non vi è più da spaventare una sinistra – che se non è morta di terrore è complice di questa dittatura tecno-sanitaria – ma nuove soggettività, magari spesso confuse e ingenue nelle loro rivendicazioni e forse proprio per questo più imprevedibili una volta sparpagliate, senza parrocchie di partito dove ripararsi e leccarsi le ferite. E, come si sa, un animale ferito è molto pericoloso, anche se debole e isolato. La sua forza sta nell’aver preso consapevolezza delle intenzioni dell’avversario, sapendo per certo che in gioco sono la sua vita e la sua libertà. Il poco tempo davanti a sé non dà più spazio alle incertezze.

Questa mattina abbiamo saputo da un gruppetto di poliziotti della Digos, che ha bussato alla nostra porta, che la città di Bergamo è piena di scritte murali contro il Green Pass e i cosiddetti vaccini. Il decreto di perquisizione che formalmente ci indaga per questi fatti sostiene che siamo noi i responsabili di tale deturpamento. Fossimo stati in tempi normali probabilmente non sarebbe stato dato particolare peso a tali scritte, considerando che da sempre i muri cittadini hanno dato voce a chi non aveva spazio altrove, e magari neanche lo voleva, in quelle testate dove si consumano le menzogne e si producono le vere fake news.
Che i tempi non sono più come prima l’avevamo capito già a settembre, quando gli uomini del Viminale – per testare il grado di robustezza della comunicazione su Telegram – anche da queste parti avevano dato improvvisamente peso a queste chat, aprendo indagini per terrorismo basate su alcuni commenti estrapolati ad hoc, considerando questi sfoghi virtuali da social come una gravissima minaccia. Il tutto ovviamente supportato dai soffi menzogneri dei media ufficiali, che improvvisamente si accorgono di come tante proteste siano organizzate utilizzando questi strumenti, per chiudere subito dopo la parentesi su queste piazze sempre più gremite di persone.
Ecco spiegato il particolare clima in cui ha agito il drappello di segugi a caccia di imbrattatori notturni che ha perquisito minuziosamente un’abitazione e il centro di documentazione La Piralide di Bergamo. Molto presto, dall’affannosa ricerca di bombolette spray l’interesse si è spostato verso qualsiasi tipo di documento politico, e la vera attenzione e il relativo sequestro sono stati rivolti verso computer, memorie esterne, telefonini, agende telefoniche e anche una bicicletta, ritenuta importante corpo del reato.
Dai fogli denunziandi si evince che le attenzioni nei confronti del nostro gruppo sono dovute alle numerose iniziative organizzate in piazza e nel nostro spazio, come ben leggiamo dalle carte: «tesi alla contestazione dell’adozione delle misure governative inerenti l’introduzione del cosiddetto Green Pass».
A questi tentativi di intimidazione rispondiamo facendo nostre le parole dei portuali di Trieste che invitano a diffondere ovunque la resistenza in ogni singolo territorio, secondo le proprie possibilità e situazioni, moltiplicando momenti solidali – aggiungiamo noi – là dove germogli di lotte nascono senza timore di andare oltre le singole rivendicazioni lavorative, denunciando l’attacco alla libertà e ai corpi con le piattaforme di riprogettazione cellulare a mRNA chiamate vaccini.
La lotta contro il Green Pass potrà trovare il suo reale senso e avere una maturazione se comprenderà i processi in cui questo è inserito, lottando contro questo mondo biocibernetico e transumanista. La repressione potrà essere così compresa e affrontata con strumenti consapevoli e all’altezza del grado di erosione della libertà e dei corpi.

Bergamo, 19 ottobre 2021

Resistenze al nanomondo, www.resistenzealnanomondo.org
Spazio di documentazione La Piralide, www.lapiralide.noblogs.org

UNA CRITICA PROFANA

Apprendiamo dai media la notizia dell’affissione, durante la notte di qualche giorno fa, di manifesti (recanti i loghi istituzionali dell’ISS, del Ministero della salute, dell’AIFA e delle multinazionali del vaccino) contro l’attuale campagna vaccinale che continua a pieno regime nel nome della “sicurezza sanitaria” e con la quale vorrebbero imporre iniezioni sperimentali a tappeto, dai danni ben noti (riferito a quel poco che è dato sapere) e facilmente reperibili dalle fonti ufficiali. Nel documento si denunciano le sperimentazioni illegali su bambini e bambine in Africa, India e Sudamerica (il vero volto delle ricerche farmaceutiche delle multinazionali del farmaco – tra tutte ricordiamo le sperimentazioni illegali ed uccisioni di bambini a Kano in Nigeria da parte di Pfizer dovute alla somministrazione di un farmaco non autorizzato), i gravi e potenzialmente letali rischi per la salute nonchè la reale natura dei vaccini (transgenici) che stanno somministrando.

Stiamo assistendo ad un’invasione tecno-farmaceutica sempre più battente e pervasiva che vorrebbe corpi docili prestati a sperimentazioni di massa, senza precedenti. La posta in gioco, anche se di gioco non si può parlare, esula di molto dal Covid-19 in sè. In gioco c’è la nostra salute, la nostra libertà e autonomia minacciate dal comparto tecno-medicale scortato dall’apparato militare e statale.

Con la logica della prevenzione propongono una completa medicalizzazione che ci trasforma in pazienti unicamente in quanto esseri umani puntando ad una completa manipolazione del vivente e dei suoi processi. Una prevenzione che vorrebbe spalancare le porte alla manipolazione tecnica dei corpi e ad una pianificazione generalizzata delle nostre vite trasformandoci contemporaneamente in pazienti, clienti e cavie.

Non sorprende allora che ignoti abbiamo voluto in qualche modo spezzare la narrazione istituzionale e scientista che si impone come unica voce in grado di determinare le nostre vite e la nostra salute, sottolineando ciò che forse sfugge ai più, nonostante nel manifesto denuncino ciò che è sotto gli occhi di tutti. Ma forse c’è chi a questa quotidianità si sta abituando, accecato di fronte all’apparato oppressivo e medicale messo in campo.

E’ necessaria, invece, una critica profana ed un’opposizione che recida il potere dei tecnici sulle nostre vite e che zittisca la narrazione che vorrebbe un nostro malleabile adattamento ai nuovi veleni di questo tecno-mondo.

qui alcuni link dove poter leggere la notizia:

https://milano.repubblica.it/cronaca/2021/02/25/news/a_bergamo_volantini_no-vax_con_i_loghi_del_ministero_e_di_aifa_la_denuncia_di_gori_informazioni_false_e_pericolose_ho_in-289210240/?rss&ref=fbplmi

https://www.open.online/2021/02/26/il-falso-volantino-aifa-sui-vaccini-anti-covid-diffuso-a-bergamo-dai-novax/

https://www.fanpage.it/milano/volantini-no-vax-con-falso-logo-di-aifa-e-ministero-la-denuncia-del-sindaco-di-bergamo-gori/

La nascita: la posta in cui si gioca come verremo al mondo. A che punto siamo oggi.

La nascita: la posta in cui si gioca come verremo al mondo. A che punto siamo oggi.

Commenti al Seminario Scienza ed etica del controllo riproduttivo: come sarà la riproduzione umana nel 2050?
Dopo FINRRAGE, oggi, per una nuova Rete internazionale femminista contro ogni riproduzione artificiale dell’umano e l’ingegneria genetica.

Cinque anni fa, all’inizio del nostro percorso di critica all’utero in affitto e, in un’accezione più ampia, alla riproduzione artificiale dell’umano, nel giro di presentazioni in tutta Italia del libro, da noi – Resistenze al nanomondo – tradotto e curato, La riproduzione artificiale dell’umano di A. Escudero, affermavamo:
Una volta che la PMA sarà estesa a tutte e tutti si entrerà in un circuito in cui, in nome della libertà di scelta, si creerà un contesto in cui non si potrà fare altrimenti. In un domani non troppo lontano sarà definito prima irresponsabile e poi criminale mettere al mondo figlie/i senza ricorrere alle tecniche di riproduzione artificiale garantite e gestite da un apparato medico.
Al tempo queste parole vennero considerate fantascientifiche e apocalittiche, ecco, oggi ci siamo già, basta ascoltare quello che dicono gli stessi ricercatori.
In un recente seminario dal titolo Scienza ed etica del controllo riproduttivo: come sarà la riproduzione umana nel 2050?1 tra loro si chiedevano semplicemente «quando la riproduzione sarà tutta assistita, quanto tempo ci vorrà a questo passaggio», a far sì che diventi il normale modo di venire al mondo.
Questi tecno-scienziati e filosofi transumanisti in un Manifesto per una responsabilità genitoriale per una riproduzione umana risignificano le nuove tecniche di riproduzione assistita che diventano responsabilità genitoriale.
Diventa quindi irresponsabile per una donna di 37 anni non ricorrere alle cliniche ed è, testuali parole, «ridicolo che una di 37 anni voglia l’amniocentesi, che se la pagi e che sia gratuita invece la diagnosi pre – impianto» dal momento in cui può accedere in una clinica di fecondazione assistita e selezionare quegli embrioni per quelle malformazioni genetiche per cui poi è prevista un’amniocentesi e la possibilità di abortire.
Dobbiamo considerare l’aumento di infertilità (per i pesticidi, i derivati dalle plastiche, le onde elettromagnetiche…) e che siamo un contesto in cui la maternità viene sempre più rimandata, con donne di 35-38 anni preoccupate del rischio di non poter più rimanere incinte che, in un contesto medicalizzante in cui il tempo di attesa per definire una donna con dei problemi di infertilità è stato ridotto da due anni a sei mesi, da protocollo dopo sei mesi rientrano nel percorso di procreazione medicalmente assistita.
Di fatto, già in Italia, una donna che dai 35 anni in su non riesca a rimanere incinta può accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita consentite anche in casi di «infertilità inspiegate documentate da atto medico». Se la tecnica base di inseminazione intra-uterina non avrà successo, passerà alla fecondazione in vitro, con il test genetico consigliato per l’età avanzata e per un miglior successo della PMA.
Sono stati ben chiari ad affermare che «dal momento in cui la linea germinale già muta per conto suo quindi perché escluderla dall’editing genetico? Perché non si può toccare la vita?»
«Le modificazioni genetiche già avvengono perché non farle noi», si sono chiesti, poi «per quelle sbagliate c’è la selezione genetica».
Già su questo si è espresso il Comitato Bioetico Britannico, che nel 2018 ha dichiarato: «La modifica del DNA di un embrione per influenzare le caratteristiche di una persona futura (modificazioni genetiche ereditarie) potrebbe essere moralmente ammissibile».
Bisognerebbe ricordarsi la Conferenza di Asilomar del 1975 in cui i ricercatori hanno cominciato a parlare di regolamentazioni e di porre dei limiti alle ricerche di ingegneria genetica. Ma regolamentare ha significato di fatto legittimare quelle pratiche e quegli sviluppi tecno-scientifici ponendo dei limiti che man mano sono stati eliminati. Oggi sappiamo dove siamo arrivati, con la nascita delle prime bambine modificate geneticamente.
Infine si sono spinti a dire che «quando ci sarà la terapia genetica sugli embrioni nessuno vorrà più fare figli naturalmente». Questo pensiero non ci sembra più così assurdo.
Dobbiamo considerare che dal momento in cui uno sviluppo tecno-scientifico è possibile una pratica diventa accettabile semplicemente perché è realizzabile: avviene un’accettazione sociale in cui ciò che prima era impensabile e inaccettabile diventa gradualmente la normalità.
Le tecno-scienze non sono neutrali, non solo in ciò che si prefiggono, che arrivino o meno al risultato, ma già a monte, nella loro idea di riprogettazione e artificializzazione del vivente.
Nelle Scienze della vita il disastro non avviene solo se l’esperimento raggiunge i risultati prefissati, il disastro è implicito nella direzione della ricerca. Pensiamo ai finanziamenti dell’Unione Europea per le ricerche sull’utero artificiale, io non penso che in un futuro verremo al mondo da un utero artificiale, anche se sono già nati dei vitellini in questo modo, ma il punto non è solo se questo avverrà o no, perché nel mentre, le persone stanno già interiorizzando che sarebbe meglio consegnare in mano ai tecnici la procreazione e interiorizzeranno sempre di più una precisa idea di essere umano come imperfetto, continuamente da implementare, potenziare e modificare, una logica profondamente transumanista.
Nasciamo da madre e nasciamo da donna. Riscopriamo il valore simbolico della madre, colei da cui veniamo al mondo, perché a prescindere dal diventar madri, siamo tutte e tutti figli.
E mettiamo al centro l’indisponibilità dei corpi e del vivente, per un’altra visione di mondo, con la consapevolezza che non può esistere una possibilità di contrattazione, perché questo significherebbe che siamo disposte a cedere qualcosa, ma non si può contrattare su quello che riguarda i nostri corpi e su quei processi irreversibili che avranno delle profonde conseguenze per le future generazioni.
E senza possibili regolamentazioni perché regolamentare significa che il disastro è già avvenuto, perché è già insito nella diffusione della pratica e nella pratica stessa. Dal momento in cui viene regolamentata una pratica, anche se sono presenti delle restrizioni al suo utilizzo, già nella stessa regolamentazione è insita la possibilità di superarle.
Parallelamente, lo sviluppo tecnologico procede più in fretta delle legislazioni in materia e sono queste che si adegueranno ad esso.
Durante il seminario sono stati chiari nel descrivere come «il termine riproduzione invece che procreazione comporta un cambiamento: è termine medico e non fa più riferimento a un’etica iscritta nella natura, ma a un’etica i quali precetti etici possono cambiare in base agli sviluppi tecnici».
La procreazione diventando operazione tecnica di laboratorio diventa produzione del vivente, con tutta la strumentalizzazione che la produzione comporta.
La manipolazione e la modificazione genetica sono parte strutturali dell’ambiente-laboratorio e della concezione su cui si fonda. I corpi e i processi viventi all’intero di un laboratorio non possono che perdere la loro originaria indisponibilità all’appropriazione da parte del biomercato e delle tecno-scienze e a ogni modificazione genetica.
Nel processo di riproduzione artificiale il desiderio diventa il diritto a scegliere, la tecnologia ha trasformato il desiderio parentale in progetto parentale, in una pianificazione alimentata dall’offerta tecnologica. Ci si sente libere, ma in realtà questa pretesa libertà sottostà alle logiche della riproduzione artificiale che impongono loro leggi e dettano le loro procedure. L’intero processo frammentato viene ridefinito e diventa luogo di mercato e di riprogettazione, in cui ogni limite può e deve essere infranto ed eliminato.
«Le linee guida riguardano sempre il passato», affermano, «gli sviluppi delle ricerche sono già oltre» e, da perfetti transumanisti, che «la politica fa fatica a tirare le fila e a trasformare gli sviluppi delle tecniche in pratiche».
Le cliniche, pubbliche e private, certo non potrebbero esistere per effettuare esclusivamente la tecnica base dell’inseminazione artificiale e le varie restrizioni legislative, i vari paletti per casi limite, col tempo non possono che cadere, come è già avvenuto, pensiamo alla revisione della Legge di Bioetica francese, nello specifico l’Art.1 che riguarda le nuove norme per l’accesso alle tecniche di riproduzione artificiale e guardiamo alle aperture progressive delle leggi nazionali dei diversi Paesi europei, in cui si è passati dal divieto alla diagnosi pre-impianto alle eccezioni per evitare la trasmissione di malattie genetiche gravi, alle patologie ad insorgenza probabile fino ad arrivare agli inestetismi come lo strabismo.
Quando si accetta la logica della fecondazione in vitro, la logica della riproduzione artificiale, tale logica la si prende in blocco e nessuna regolamentazione o comitato etico sarà in grado di arginare questa direzione.
Purtroppo si è persa la memoria di FINRRAGE (Feminist International Network of Resistance to Reproductive and Genetic Engineering) una Rete internazionale femminista contro le tecnologie riproduttive e l’ingegneria genetica creata negli anni ’80 da Gena Corea, femminista radicale americana, insieme ad altre femministe. Questo ci fa capire come la direzione delle tecnologie di riproduzione artificiale si poteva già intravedere all’inizio del loro sviluppo. Corea ne descrive i primi passi e le loro prospettive future come l’equivalente in biologia del progetto Manhattan per la fisica nucleare. Oggi sappiamo qual è il risultato. Ma oggi non c’è più quel coraggio.
Il nostro intento è di costruire oggi una nuova Rete internazionale femminista contro ogni2 riproduzione artificiale dell’umano e l’ingegneria genetica senza la paura di porci in una posizione minoritaria.

Silvia Guerini

1http://www.congredior.it/wp-content/uploads/2020/10/Locandina_Evento-FAD_Scienza-ed-Etica-del-Controllo-Riproduttivo_18-novembre-2020.pdf

2Gestazione per altri “altruistica”, gestazione per altri commerciale, procreazione medicalmente assistita omologa ed eterogola (FIVET e ICSI), DPI, vendita e donazione di gameti…

BERGAMO: OCCUPATO TETTO SITO DI IMPIANTO 5G

Oggi, 27 ottobre 2020, a Bergamo abbiamo occupato il tetto di uno stabile in via Baioni, 53 che ospita ormai da mesi impianti di telefonia mobile a rete 5G.
FERMIAMO LA RETE 5G E LA SMART CITY.
RESTARE UMANI SIGNIFICA RESISTERE.

Spazio di documentazione La Piralide
Resistenze al nanomondo

[a breve pubblicheremo dei video]

Qui il volantino che è stato diffuso durante l’iniziativa:

FERMIAMO LA RETE 5G E LA SMART CITY

In questi mesi le parole che abbiamo sentito sicuramente più spesso sono “benessere della salute” e “stato di emergenza”.

In questo contesto rinnovato e rinforzato a colpi di DPCM il benessere della salute coincide e anzi è imprescindibile dall’instaurazione di uno stato di emergenza che sta permettendo di fare di tutto. Questo regime tecno-sanitario oltre a distruggere nell’immediato ogni forma di libertà si impegna a mortificare anche il futuro delle prossime generazioni, considerato quello che sta avvenendo nelle scuole – e non solo – contro i bambini, non nascondendo più le proprie intenzioni e apprestandosi a modificare il mondo in modo irreversibile.

Ma se siamo sotto dittatura sanitaria dove sono le truppe? Si diranno in molti…

Questo regime tecno-sanitario viene da più lontano che dai fantocci presenti a Roma e opera attraverso tecnici e specialisti che non sono meri consulenti, basta pensare alla Task Force guidata da Colao, uomo di Verizon e della finanza internazionale. Oggi l’obbedienza si ottiene attraverso il controllo sanitario, con dati manipolati e creati ad hoc, gestiti dalle compagnie del digitale.

Un persistente attacco alla dimensione emozionale terrorizzando, confondendo, creando speranze. Costringere le persone a stare in un perenne stato di ansia, ma soprattutto di paura – e di paura ne serve molta per i loro piani – perché la paura soffocata dentro le mascherine impedisce la creazione di pensieri, soprattutto la creazione di una critica e quindi di una reazione verso quello che ci stanno facendo ormai da mesi e possiamo essere certi che non si fermeranno se non saranno costretti a farlo. Una forma di controllo per arrivare a digitalizzare tutto: fuori e dentro di noi.

Questo nuovo mondo che con grande velocità stanno allestendo, per funzionare ha bisogno oltre che della nostra sottomissione anche di una nuova rete di telefonia mobile: la 5G.

La rete 5G non rappresenta solo un superamento delle precedenti 2G, 3G, 4G, ma sarà la rete che permetterà “l’internet delle cose”: un mondo di oggetti comunicanti non solo con maggiore velocità, ma soprattutto in simultanea. Una connessione continua che declasserà ad oggetti connessi anche noi, i nostri corpi e quelli degli altri animali, continuamente sollecitati da centinaia, che presto saranno migliaia, di antenne sprigionanti onde millimetriche in grado di far di modificare il funzionamento e il metabolismo cellulare e di creare danni irreversibili alla salute come disfunzioni, tumori e infertilità.

Una totale e continua irradiazione elettromagnetica a cui nessuna persona, nessun animale, nessuna pianta potrà sottrarsi, a livelli di radiazione che sono centinaia di volte più grandi di quelli esistenti oggi.

Ancora una volta in nome di un’emergenza, questa volta una “pandemia”, in passato il “terrorismo islamico”, viene imposto un cambiamento radicale alle nostre vite, ma il cambiamento che si sta concretizzando e che a volte facciamo fatica a comprendere nella sua totalità, è un cambiamento antropologico dell’essere umano.

Vogliono un mondo di automi mascherati perchè l’uniformità dell’obbedienza sia subito evidente, un mondo di alienati e anestetizzati davanti agli smartphone in attesa di leggere l’ultimo bollettino giornaliero o di sapere se nella notte è stato sfornato un nuovo DPCM. La mascherina è ben rappresentativa di un nuovo modello antropologico neutro in cui scompaiono i tratti del volto e le espressioni, per una società in cui bambine e bambini si abitueranno al distanziamento sociale, in cui verranno minate le basi dell’empatia, della relazione, della solidarietà, del dissenso, della difesa dei nostri corpi e della resistenza. E tutto questo entrerà a far parte della normalità, per un mondo a misura di pandemia in una narcosi collettiva.

Nel periodo di arresti domiciliari a cui siamo stati sottoposti, il progetto di digitalizzazione ha funzionato a gonfie vele. Le compagnie di telefonia mobile, sapendo bene che i ripetitori e il taglio di alberi per facilitare la diffusione del segnale non sono graditi, hanno riempito di impianti le città deserte. Qui a Bergamo proprio in quei giorni ne sono state messe a dimora almeno dodici e altre nove sono in fase di installazione, cosa stavano allora sperimentando a Oltressenda Alta e a Bianzano e negli altri piccoli comuni in tutta Italia? Spostavano l’attenzione da tutti quei progetti – già in corso – per disseminare Smart City ovunque? Città intelligenti per persone atomizzate? A Bergamo, gran parte delle autorizzazioni risalgono al 2019 e poche al 2020, questo però non ha tolto all’attuale sindaco di Bergamo del partito digital-democratico la sfacciataggine di dichiarare in un’intervista che a Bergamo non c’erano antenne 5G e che quindi potevamo stare tranquilli… forse perché sapeva che invece dobbiamo preoccuparci?
Sappiamo ormai da anni che l’elettromagnetismo è un grave pericolo per la salute e molti dei centomila (e più) morti all’anno per tumore in Italia – emergenza mai dichiarata sono dovuti alle onde elettromagnetiche e al mondo avvelenato in cui ci tocca vivere. Ma il principale motivo per cui è fondamentale opporci alla nuova rete 5G e ai loro stati di emergenza sono il mondo che questi permetteranno di sviluppare con esseri umani ridotti ad automi in totale dipendenza dal digitale e ingegnerizzati geneticamente con i nuovi vaccini a RNA, un mondo transumanista dove l’essere umano, per come lo conosciamo, con i suoi limiti e incertezze, sarà concepito come l’errore.

Facciamo che la paura passi di campo, questo programma non arretrerà con le buone intenzioni, le grandissime manifestazioni di Parigi, Berlino, Madrid, Londra hanno già dimostrato che non tutti hanno intenzione di accettare questa situazione senza lottare.

UNA SITUAZIONE MAI VISTA NECESSITA DI UNA NUOVA CONSAPEVOLEZZA, PER CONTRASTARE UNA GUERRA CHE HANNO DICHIARATO ALL’ESSERE UMANO, PIU’ CHE AD UN VIRUS. RESTARE UMANI SIGNIFICA RESISTERE.

Cosa stiamo aspettando? Se non ora, quando?

Bergamo, ottobre 2020

Spazio di documentazione “La Piralide”
www.lapiralide.noblogs.org – avvelenate@anche.no

Resistenze al nanomondo
www.resistenzealnanomondo.org – info@resistenzealnanomondo.org

325 N°12: Against the Fourth and Fifth Industrial Revolutions’ (ACN)

325 n°12: AGAINST THE FOURTH AND FIFTH INDUSTRIAL REVOLUTIONS

PER SCARICARLO NELLA VERSIONE INGLESE: CLICCA QUI

Presenting 56 pages of anti-organisational, insurrectional, anti-civilisation anarchy of the 21st Century. A collection of critical texts and letters from anarchist points of view examining the new changes in production and social control brought about by new technologies which are ushering in a totalising prison-world and the advance of smarter-than-human machines. This issue of 325 builds on the considerations and content of the last issue which took as it’s focus the subject of the Technological Singularity. Six years later, the mechanisms, ideologies and impacts of this global dystopian project are nearer and clearer and the texts you will read in this new issue deal with the emerging realities of these technological revolutions.

For the first time, 325 is coming out in 3 languages: First in English, with Spanish and Italian to follow. Printed copies will be available soon, but we also encourage people to print out their own copies and distribute them in their area.

CONTENTS : 325#12
3. Editorial
4. Automation, Robotics & Labour in the 4th & 5th Industrial Revolutions
8. From Riot to Insurrection – Excerpt
9. A Small Criticism of Science and its World
10. Covid-19 World: Epidemics in the era of Capitalism
12. The Fractures of Dominion
13. Coordinated Incendiary Attacks Against Relay Antennas in Grenoble, France
14. The 4th and 5th Industrial Revolutions
17. The Artificial Reproduction of the Human: The Road of Transhumanism
23. Machine Psychology: A Disappearing Act
25. Oblique Look
28. Smartphones, Ringtones, Capital
29. Cashless Societies and Crypto-Currencies: End of the Traditional Era of Banking and Finance
32. Contribution to the 1st International Meeting Against Techno-Sciences by imprisoned anarchist Dino Giagtzoglou
38. Cybernetic Society and its World
48. Against Starlink
50. Space : Part 1
51. To Be Released
53. Direct Action Chronology

ANTI-COPYRIGHT NETWORK 2020

SGUARDO OBLIQUO

Sguardo obliquo

Guarda a tutt’occhi, guarda.”
Jules Verne

La prima battaglia culturale è stare di guardia ai fatti.”
Hannah Arendt

La disinformazione giornalistica scomposta ed emergenziale sta facendo da narratrice unidirezionale alla situazione complessa in cui siamo immersi da un mese a questa parte. Improbabile trovare un’unica lente di osservazione ed analisi per affrontarla. Molti piani, prospettive e dinamiche si mescolano e intrecciano richiamando relativi interessi e protagonisti di processi già in corso.
C’è da dire che, come spesso accade nella storia, avvenimenti emergenziali accelerano determinati processi e in questo caso affiorano chiaramente quelli che sono gli obiettivi che, grazie a questa pandemia, si vorrebbe raggiungere.
L’eccezionalità permette di spostare il confine dell’accettabile in modo poco rumoroso e senza preavviso, attuando delle “trasformazioni silenziose” irreversibili.
È importante che gli scenari non siano previsioni. Piuttosto, sono ipotesi ponderate che ci permettono di immaginare, e poi di provare, diverse strategie per essere più preparati per il futuro – o più ambiziosi, come aiutare a plasmare un futuro migliore… gli scenari sono un mezzo attraverso il quale è possibile non solo immaginare ma anche attualizzare un grande cambiamento” (Rockfeller Foundation).
E’ stata imposta la frammentazione sociale con la retorica del “distanziamento come nuova forma di solidarietà” mentre in alcune fabbriche il frastuono dei macchinari continua incessante per non interrompere il flusso di capitale.
Lampante è l’esempio di alcune aziende della bergamasca, la Tenaris Dalmine, del gruppo Techint, tra tutte. Specializzata nella fornitura di tubature per il settore petrolifero, non ha mai smesso la sua produzione spalleggiata dall’amicizia “disinteressata” con i sindaci dei comuni bergamaschi.
Una fabbrica che se anche avesse chiuso non avrebbe perso i propri profitti dal momento in cui gli stessi proprietari possiedono anche l’ospedale polispecialistico privato Humanitas Gavazzeni.
Da una parte o dall’altra il guadagno sulla pandemia era assicurato.
Un sinistro teatrino per far sì che “le bugie sembrino sincere e l’omicidio rispettabile” (G. Orwell).
Un’emergenza che mette ancora più in luce quelli che sono i meccanismi della vita sociale, tracciando ancora più profondamente i confini tra la classe dominante e quella degli sfruttati, appiattendo le soggettività a favore dell’utilitarismo in cui l’operaio è ridotto a mero strumento e l’anziano deceduto a numero statistico con cui concorrere con le percentuali di mortalità degli altri paesi.

Il quotidiano bollettino giornalistico della conta statistica dei morti scandisce questi giorni di quarantena. L’amministrazione della morte, come della vita, diventa materia prima per calcoli matematici trasformando la quotidianità in un vetrino da microscopio.
Non bastano più i dati digitali raccolti da una mano che tocca un touchscreen, servono i dati biometrici di quella mano.
I corpi diventano luogo dell’estrazione, mezzo, fonte e spazio della sorveglianza.

L’efficacia dei governi si misura in base alla loro capacità di cambiare il comportamento quotidiano delle persone”.
Fin dall’inizio dell’emergenza è apparsa scontata l’attivazione di piattaforme di smart working (utilizzata da più del 70% e che con le ultime disposizioni per la fase 2 si appresta a diventare obbligatorio in alcuni settori) e didattica online (utilizzata dal 98% del settore) mettendo in luce che dal momento in cui queste sono immediatamente operative significa che un’infrastruttura in grado di sostenere miliardi di interazioni in rete con un sovraccarico extra che in questo momento ha toccato punte del +90%, già esisteva.
Il contesto emergenziale sta creando così la condizione ferace per l’avanzamento dei processi tecno-scientifici, alcuni dei quali sono avvalsi proprio dall’accettazione sociale creata dalla produzione della paura e nella visione salvifica della tecnologia.
Si parla di semplificare le lungaggini burocratiche per l’amplificazione della rete proprio nelle zone più piegate dal virus, Lombardia in primis.
Da un punto di vista tecnologico un piano di emergenza a breve termine per dotare un’area limitata come la regione Lombardia di una rete 5G immediatamente operativa è perfettamente realizzabile” dice l’amministratore delegato di ZTE Italia.

Gestire la crisi mentre si costruisce il futuro” ha un’accezione assolutamentenegativa dal momento in cui il futuro che viene costruito è il loro, in cui noi e le nostre interazioni diventiamo pellet di dati per saziare gli algoritmi.
Stiamo assistendo ad un’equiparazione tra il nostro mondo e il funzionamento di una macchina in cui ogni movimento è perfettamente regolato, monitorato e oleato.
Basta guardare i 17 specialisti scelti dal governo Conte che faranno parte della Task Force che si occuperà “Fase 2” per la ripartenza del paese. Significativo che a guidarla sarà proprio l’ex amministratore delegato di Vodafone, Vittorio Colao, che verrà fiancheggiato da numerosi tecnici ed esperti tra cui Roberto Cingolani, l’attuale responsabile dell’innovazione tecnologia di Leonardo e direttore dell’Istituto Italiano di Tecnologia. Ad essi è affidato il compito di “ripensare l’organizzazione della nostra vita e preparare il graduale ritorno alla normalità”.
Una ri-organizzazione commissionata a tecnici, accomodati dallo Stato e i suoi amministratori,che ci porterà in una direzione tutt’altro che misteriosa.
Sul suolo italiano, Vodafone, è stata la prima compagnia telefonica – una delle più grosse al mondo – ad aver investito nell’infrastruttura del 5G. Nei primi mesi dell’anno scorso era l’unica compagnia ad offrire una copertura 5G nelle cinque città pilota italiane (Milano, Bologna, Torino, Napoli e Roma).
La scelta di creare una task force con a capo proprio l’ex amministratore delegato è una scelta ben precisa mirata a sostenere lo spirito tecnologico dominante mettendo in luce le “affinità elettive” tra sistema tecnico e potere statale.
Proprio qualche giorno fa l’attuale CEO di Vodafone, durante un’audizione presso Montecitorio ha preso voce rispetto alle prospettive future del paese dichiarando che “So bene quanto l’importanza della tecnologia e delle reti fosse già nota […]. Vi segnalo che abbiamo deciso di focalizzare parte dell’attenzione e dell’impegno che stiamo mettendo in campo sulle esigenze sanitarie che possono essere sviluppati grazie alla diffusione del 5G e delle sue applicazioni.
Vodafone sta rafforzando la collaborazione con ospedali e istituti di cura per mettere a disposizione della salute degli italiani le tecnologie più avanzate e per aiutare i nostri
medici e infermieri nel loro prezioso lavoro a favore della comunità. […].”
Dopo una serie di premesse per mettere in luce la ramificazione del potere dell’azienda in questa situazione emergenziale, si passa al reale interesse di tale dichiarazione chiedendo “un immediato adeguamento dei limiti di campo elettro-magnetico al livello degli altri principali Paesi europei (in Italia abbiamo i limiti più restrittivi dell’intera Unione Europea) e sono necessarie misure di semplificazione, avvalendosi degli istituti già noti al nostro ordinamento dell’auto-certificazione e del silenzio-assenso.”
Quale momento più ideale per uscire allo scoperto? Soprattutto dal momento in cui i lavori per la nuova infrastruttura 5G sono già in corso da diverso tempo (le pubblicità e i documenti ufficiali parlano piuttosto chiaramente a riguardo) centinaia antenne già installate, quindi di fatto lo spostamento dell’asticella dei limiti di tollerabilità è già in atto e questa pantomima col governo probabilmente rappresenta unicamente una formalizzazione necessaria per l’istituzionalizzazione della rete 5G.
La stessa Vodafone la ritroviamo nel servizio di messaggistica gratuita correlato alle applicazioni per il monitoraggio e la mappatura delle persone in fase di progettazione e attuazione su tutto il territorio.

Vodafone insieme a Google, Facebook, Amazon, Apple, Microsoft e altri nel settore hanno potuto così proporsi per collaborare alla gestione dell’emergenza sfruttando un momento di vulnerabilità per applicare delle condizioni altrimenti premature. Condivisione di dati e mappature digitali, creazione di applicazioni ad hoc e “solidarietà digitale” sono alcuni esempi di come, sottochiave umanitaria, le grandi multinazionali della sorveglianza hanno potuto ulteriormente ingrassare i loro server di dati e scavalcare alcuni scalini per l’accettazione di innovazioni tecnologiche.
In un futuro non troppo lontano sarà proprio in nome della sicurezza sanitaria “digitale”, della comodità del lavoro “flessibile” e della formazione scolastica che le infrastrutture per le città intelligenti verranno implementate barattando l’illusione di una libertà nelle comunicazioni illimitate con controllo e sorveglianza totali.
Un processo alla quale siamo indotti a partecipare, arruolati nel progresso tecnico, e nel quale ci confesseremo quotidianamente – tramite i dispositivi tecnologici – per un bisogno interiore sapientemente manipolato da un nuovo potere totalizzante, fluido, consensuale, a “misura d’uomo”.
La parvente “benevolenza” di un potere è ciò che lo rende così efficace.

In Cina, a emergenza finita – almeno per il Coronavirus – ogni spostamento ed interazione sono registrati, analizzati tramite DataMining e classificate tramite smartphone. Se si sale su un pullman, su un treno, si entra in stazione o in una determinata zona della città, c’è un QRcode da scansire in modo che il sistema registri il passaggio. Un’amministrazione automatizzata delle condotte che tramite incroci di dati, alcuni dei quali neanche ci immaginiamo, analizza ogni aspetto della vita in un processo prescrittivo dal quale siamo esclusi.
Una nuova implementazione al Sistema di Credito Sociale¹ che il governo cinese si era prefissato di rendere completamente operativo proprio quest’anno dopo una fase “sperimentale” di 6 anni alla quale sarebbe seguita l’adesione obbligatoria per tutti i cittadini. Ora, quindi, alle quattro macroaree scansionate da questo sistema (onestà negli affari di governo, integrità commerciale, integrità sociale e credibilità finanziaria) si aggiunge l’area riguardante i dati sanitari delle persone completando il profilo bio-sociale.
Il contesto cinese, insieme a ciò che sta avvenendo in Corea del Sud, Singapore ed Israele seppur con considerevoli differenze, è sicuramente importante ma basta dare un’occhiata a tutto ciò che sta avvenendo sul suolo italiano per accorgersi che il controllo e la gestione sociale di Xi Jinping non è poi così lontano come sembra.
L’emergenza Coronavirus, quindi, è la tempesta perfetta che ha permesso al governo cinese il rafforzamento e l’implementazione di quei sistemi già inaccettabili ma attivi da diversi anni, alzando ulteriormente la soglia dell’accettazione sociale.
Quel che viene presentato come un sistema extra-ordinario per mappare il contagio serve unicamente a renderci partecipi al nostro profilamento e alla nostra sorveglianza.
Le tecnologie più profonde sono quelle che scompaiono. Si legano al tessuto della vita quotidiana fino a diventare indistinguibili da esso” S. Zuboff.
Con App che ti dicono se puoi essere contagiato da Coronavirus, da puntatori biometrici che controllano la tua temperatura, droni che sorvegliano città come sentieri di montagna per la tua sicurezza, velocemente si concretizza un mondo nuovo in cui la realtà viene scomposta, riassemblata e ripropostaci da compagnie e governi.
Per riprendere D. Lyon “diventiamo la sintesi delle nostre transazioni, meccanismi di classificazione” in cui è l’algoritmo di un telefono a intimarci in quale modo possiamo agire all’interno di uno spazio determinato.
La quotidianità che conoscevamo viene macinata per costruire un nuovo futuro con una velocità tale da paralizzare la consapevolezza e creare enormi vuoti.
Ancora una volta l’inevitabilità della soluzione tecnologica ci viene riproposta.
Una ideologia pericolosa, contagiosa.
Ancora una volta si confonde una strategia calcolata nel dettaglio in una precisa contingenza storica come un avvenimento assolutamente emergenziale, extraordinario che si propone di gestire una situazione difficile nel modo meno impattante possibile.
Ci abitueremo così alla “Calm Technology” e senza accorgercene saremo immersi nel tecnomondo che scompare negli ambienti della nostra quotidianità facendoci perdere di vista il confine tra reale e artificiale.

Numerose sono le metafore alla guerra riferendosi a questa pandemia. Ma se una guerra è in corso, è quella contro la natura, la natura umana, la sua socialità e la sua volontà di pensare e agire. Una guerra lampo, che colpisce con velocità e che tenta di lasciare intorno a sé solo soggetti inermi, confusi, soffocati. A differenza però della guerra, fatta di ”menzogne unificanti”, a cui fanno riferimento giornalisti e amministratori statali di vario genere che spingono al nazionalismo verso un nemico esterno – ed interno -, questa offensiva deve creare consapevolezza della realtà che prende forma intorno a noi, veloce, e spingerci ad avere “sangue freddo per pensare l’impensabile”.
Una narrativa frammentaria e funzionale ha dirottato i sentimenti e i pensieri verso la piena fiducia nei leader statali e del settore delle telecomunicazioni, tecnocrati e ricercatori di varia fattura. C’è spazio per ogni esperimento se può aiutare a salvarci dalla pandemia. Dalle manipolazioni genetiche con CRISP-Cas9, agli esperimenti sulle scimmie, ai progetti di vaccini sintetici in giro per il mondo, ai chip impiantati sottopelle, l’ignoranza e la paura spalancano le porte al sistema tecno-scientifico.
Negli USA e in Cina si parla già di una corsa geostrategica delle biotecnologie.
Le potenze mondiali si spintonano per accaparrarsi i laboratori migliori ed assicurarsi un posto in prima fila nella gara al vaccino e alle sperimentazioni sulle persone.

Tra i più colpiti da questa pandemia sono sicuramente gli anziani.
Dopo il 1985, anno riconosciuto come quello della prima generazione di quelli che Mark Prensky ha battezzato nativi digitali, e nei decenni successivi ancora di più, la realtà che oggi viviamo è percepita come l’unica vivibile, impensabile un passato diverso privo di comodità digitali e tecnologie suadenti.
Corriamo verso un mondo, come immaginava J.Verne ne La Parigi del XX secolo, dominato dalla tecnica e i suoi ingegneri in cui l’arte, la letteratura, l’umanità diventavano prendi-polvere ammassati in biblioteche abbandonate, dimenticate da tutti.
Questo virus colpisce principalmente le ultime generazioni di “affezionati” all’epoca pre-digitale della storia umana, i meno adattabili a questo nuovo sistema algoritmico, innervato da reti, sensori e chip. Con essi se ne vanno i racconti che descrivono l’oggi come un incubo di fantascienza assolutamente inimmaginabile qualche decennio fa.
Come scrive H. Keyeserling “dovunque penetri la tecnica, non resiste alla lunga alcuna forma di vita pre-tecnica”.
Anche se le nuove avanguardie tecnologiche sono pensate per inglobare tutte le fasce d’età con i nuovi progetti di Active and Assisted Living perchè “non può esistere una smart city senza cittadini smart e soprattutto anziani smart!”.
La memoria è indispensabile anche perché ci rammenta mondi altri, possibili, esistiti e che possono esistere sotto altre forme.
La memoria ci salva dall’inevitabilità del presente che sembra schiacciarci fino a soffocare ogni volontà ed è indispensabile, ma non può essere la chiave di lettura di questo presente.
Le nuove forme di potere che agiscono sull’oggi non hanno antecedenti storici ed analizzarli sotto la lente di modelli passati sarebbe un errore che non ci permetterebbe di coglierne in pieno le peculiarità e di conseguenza di trovare le strategie per opporvisi.

I giornali di sinistro gusto vendono migliaia di copie per i continui articoli sulla sterile conta statistica dei morti, in strada tra il vicinato non si parla d’altro.
Nelle ultime settimane in città il lutto fa da metronomo a queste giornate silenziose.
Ma se c’è un senso di lutto che sicuramente dobbiamo avere è quello per tutto ciò che ci stanno togliendo. Per tutta la libertà individuale che si stanno accaparrando e per tutta la distruzione che inesorabilmente sferzano contro la Terra e i suoi abitanti.
I tempi in cui non ci sarà più stupore e sgomento saranno i tempi in cui ci saremo normalizzati ad uno stato di cose inaccettabili. Rivendichiamoci il nostro stupore e la nostra meraviglia, fatta di rabbia e angoscia, perché sono quei sentimenti che stimolano alla consapevolezza, all’agire e alla volontà di volere senza aspettare i tempi in cui i sentimenti diventeranno “diritti” che lo stato ci concede.

Quanto prima di dimenticarci chi eravamo quando non eravamo ancora di loro proprietà, chini nella penombra a studiare vecchi libri che parlano di autodeterminazione, con uno scialle a scaldarci, la lente d’ingrandimento in mano, come se stessimo decifrando antichi geroglifici?”
S. Zuboff

Nella
Bergamo – 14 Aprile 2020

¹ Sistema di Credito Sociale cinese: il sistema nazionale per la classificazione dei cittadini funzionante tramite l’incrocio di informazioni riguardanti la condizione sociale, economica e la valutazione comportamentale di ogni individuo. Non si tratta solamente di un sistema di sorveglianza capillare e di massa ma di una precisa architettura tecnica per manovrare i comportamenti verso una direzione programmata.
E’ basato su tecnologie per l’analisi di Big Data che, tramite l’assegnazione di punteggi, crea caratteri di inclusione od esclusione nella società trasformando i punti in “diritti” che, proprio come dei punti, possono essere persi o acquisiti. Il programma prevede la stesura di liste nere esposte pubblicamente. Un sistema che incita alla partecipazione dei propri cittadini secondo un principio di interiorizzazione, affidando a meccanismi automatizzati il mantenimento dell’ordine sociale. E’ in vigore dal 2014, in fase di sperimentazione e adattamento, e da previsioni programmatiche si appresta a diventare obbligatorio per tutti i cittadini proprio quest’anno.

PRIMAVERA SILENZIOSA

“È ragionevole descrivere
una sorta di imprigionamento per mezzo di un altro
quanto descrivere qualsiasi cosa
che esiste
realmente
per mezzo di un’altra che non esiste affatto”
Daniel Defoe

“Perché dovremmo sopportare una dieta di veleni non del tutto nocivi, una casa in sobborghi non del tutto squallidi, una cerchia di conoscenze non del tutto ostili, il frastuono di motori non così eccessivo da renderci pazzi?
Chi dunque vorrebbe vivere in un mondo non del tutto mortale?”
Rachel Carson, Primavera silenziosa

Negli anni ’60 Rachel Carson, biologa e ambientalista americana simbolo del movimento ambientalista internazionale, con il libro Primavera silenziosa lanciava una forte denuncia e un grido di allarme nei confronti dell’avvelenamento del pianeta causato dall’uso dei pesticidi e in particolare del DDT, al tempo prodotto e usato su vasta scala.
Una nocività di larghissimo uso come il DDT, usato ancora oggi anche se in forme più subdole, aveva portato a silenziare le campagne dai canti primaverili degli uccelli. Oggi, in tempi di Coronavirus, le nocività, oltre ovviamente i pesticidi, non solo sono aumentate, ma si sono trasformate in un intero sistema malato che quotidianamente quando non mette a rischio la sopravvivenza degli organismi viventi li condanna a vivere in un’esistenza tossica e sempre più sterile di biodiversità. La verità è molto semplice: noi stiamo soltanto cominciando a subire massicciamente l’effetto ritardato dell’avvelenamento chimico-nucleare-biologico-elettromagnetico cumulativo del pianeta, avvelenamento che accresce qualitativamente e quantitativamente ogni anno. La degradazione della natura e di noi stessi che ne siamo parte non può che portare a questo. In una situazione in cui le nocività si ri-combinano la questione non è se poteva succedere o no un qualche disastro climatico, chimico o di altra natura, ma quando questo sarebbe avvenuto. O, meglio, forse la domanda dovrebbe essere se non sta già avvenendo.
Chi resta impreparato verso tutto questo sono la maggior parte delle persone, che ne subiscono le conseguenze. Queste sono diverse a seconda della parte di mondo in cui si vive e ovviamente in base alla propria condizione sociale. Le pandemie, come i disastri climatici o chimici, non fanno distinzione di classe quando colpiscono a differenza però dei loro ispiratori che poi si trasformano in produttori e gestori, dal momento che una società industriale non può che lasciare un passaggio disseminato di scorie per il presente e per le generazioni future, facendo pagare il maggior prezzo agli sfruttati di sempre. Le pandemie, come le guerre, le carestie, i cambiamenti climatici, sono occasioni imperdibili per gli stati, per la finanza e soprattutto per la tecnocrazia e le grandi compagnie. Pandemie, guerre, carestie, cambiamenti climatici sono all’indice della minaccia globale, pericoli da scongiurare assolutamente, eppure vengono preparati, vengono investiti capitali immensi (come per i bond poco prima di questo Coronavirus), viene fatta ricerca, si ipotizzano scenari e si pensa un mondo a misura di pandemia.
Uno dei riferimenti internazionali attuali nella lotta al Coronavirus è proprio l’OMS (Organizzazione mondiale della sanità), organismo che sguazza nei capitali immensi del comparto farmaceutico di cui fanno parte Glaxo-Smithkline, Merck, Novartis, Pfzer, Roche, Sanofi e soprattutto nei capitali della Fondazione Bill e Melinda Gates. La maggior parte dei fondi dell’OMS derivano da privati e sono vincolati a finanziare programmi specifici decisi dai privati stessi. L’OMS di fatto segue quello che la Fondazione Gates ritiene prioritario. Da anni questa fondazione influenza le politiche internazionali degli aiuti al Sud del mondo e recentemente anche le politiche alimentari globali promuovendo agricoltura industriale, pesticidi, sementi brevettate e ogm. I capitali sono importanti, ma è soprattutto la filosofia di Gates che va studiata con attenzione. Quest’uomo potrebbe definirsi benissimo “Morte, il distruttore dei mondi” come fece troppo tardi Oppenheimer dopo il contributo dato alla realizzazione della bomba atomica. Gates con la sua fondazione aiuta i poveri in Africa, ma sogna di ridurre la popolazione mondiale da neomalthusiano com’è e in Africa è anche il promotore e finanziatore del poco noto progetto Gene Drive, vero flagello per il mondo. Questo progetto consiste nello sterilizzare attraverso delle tecniche di ingegneria genetica delle popolazioni di organismi viventi da rilasciare in natura per portare all’estinzione l’intera specie ritenuta nociva, ingegnerizzando specifici organismi e interi ecosistemi con metodi selettivi. Con il Gene Drive si vuole ridurre la malaria, così come Oppenheimer voleva anticipare una presunta atomica tedesca.
Se l’Amazzonia brucia si pensa di mettere nuove varietà vegetali in grado di assorbire più CO2, se aumenta il rischio di contrarre malattie visto che gli organismi sono sempre più sterilizzati di difese naturali si pensa a riempirli di input chimici esterni, rendendoli incapaci di qualsiasi reazione e condannandoli ad una dipendenza da sostanze chimiche e dal sistema medico.
Per risolvere i problemi le modalità sono sempre peggio del problema stesso, se non nell’immediatezza sicuramente nel lungo periodo. Nella società tecno-scientifica il lungo periodo non viene mai considerato troppo, se non in termini strettamente tecnici o algoritmici. I tempi organici della natura e anche dei nostri corpi sono molto diversi, sicuramente più lenti perché fanno riferimento a processi che trovano il loro essere nella finitudine.
Nei grandi organismi internazionali si fanno previsioni sul prossimo futuro che diventano un oggetto di attento studio. Nell’ottobre scorso la Fondazione Gates con il Word Economic Forum e il John Hopkins Center for Health Security hanno simulato una pandemia globale di Coronavirus, chiamata “nCoV-2019”, per capire e analizzare che cosa sarebbe successo, dal numero di morti fino alle modalità di contenimento dei singoli stati.

“Quando ero un ragazzo, il disastro di cui ci preoccupavamo era la guerra nucleare. Oggi la più grande catastrofe possibile non è più quella. Se qualcosa ucciderà 10 milioni di persone nelle prossime decadi, è più probabile che sia un virus molto contagioso e non una guerra. Non missili ma microbi”, Bill Gates.

La fatalità si è dissolta nella probabilità. Non si può essere sorpresi da questo così come degli effetti della contaminazione chimica, regolare o accidentale, dell’ambiente da parte dell’industria chimica o dal fatto che delle migliaia di nuove molecole messe in circolazione alcune nell’uso rivelano delle qualità nocive, ignorate, si fa per dire, dai loro ideatori. Il ritmo di comparsa di nuove malattie, con agenti patogeni che trovano nelle condizioni di vita attuali un vasto campo di attività, è più rapido degli sviluppi in campo medico. E nel mondo come si presenta adesso dovremo abituarci a questa nuova realtà.
Non sappiamo molto sull’origine di questo nuovo virus, sicuramente siamo consapevoli che la bocca della menzogna, che sia lo Stato o l’OMS poco importa, non inizierà certo adesso a dire qualcosa di vero. La stessa pratica del segreto, la stessa irresponsabilità verso la società regnano in tutti i laboratori e, di conseguenza, è impossibile che si arriverà ad una qualche certezza sull’origine e la storia di questa pandemia. Quello che sappiamo per certo è che il virus che si sta diffondendo a livello planetario non è il frutto di qualche processo eccezionale, che sia naturale o artificiale, ma rientra nelle condizioni normali del procedere di questa società tecno-scientifica.
Senza andare tanto lontano fino in Cina, se la memoria non è proprio persa del tutto, sarebbe bene ricordare Seveso. In questo piccolo paese della Lombardia esisteva uno stabilimento chimico della multinazionale Givaudan chiamato Icmesa, ma gli abitanti del paese lo chiamavano fabbrica dei profumi, proprio perché ufficialmente faceva prodotti aromatizzanti e profumi. Nel gravissimo incidente del 1976 quello che è uscito dalla fabbrica in quantità enormi era la diossina, quella sostanza che ancora oggi ci portiamo dentro il corpo in piccola quantità fin dalla nascita. Le sostanze chimiche dell’Icmesa non servivano a profumare nessuno, andavano invece a creare armi chimiche, in particolare l’Agente Arancio negli Stati Uniti. A partire da questa indubbia realtà, e in questi ambiti il peggio è spesso il più probabile, si potrebbe discutere a lungo su fatti che nel loro manifestarsi e concretizzarsi diventano occasione di esperimenti a grandezza naturale, sulla possibilità che vengano rivelati nella loro totalità, sul rischio che i loro effetti vadano al di là di quanto si era previsto e si potrebbe discutere anche sull’utilità degli insegnamenti che il sistema può trarre dal loro camuffamento o dalla loro spettacolarizzazione e dalla loro gestione.
Nel libro 1984 Orwell toccava bene l’aspetto di come la menzogna potesse ergersi a verità assoluta, nonostante indiscutibili evidenze dimostrino il contrario. Negli anni abbiamo visto come il sito di esperimenti nucleari del Nevada, un luogo dove per anni si è sperimentato di tutto e organizzato di tutto in termini di possibilità di distruzione di popoli e del mondo intero, è stato ribattezzato Parco nazionale di ricerche ambientali, tanto da far dire da una rappresentante al Congresso presente in quella occasione: “Col tempo, il pubblico sarà capace di sentire i nomi di Savannah River, di Oaak Ridge, di Fermi Lab, di Los Alamos, di Idaho Park, e di Hanford, pensando a ricerche ambientali piuttosto che a disastri ambientali”. E oggi, a Seveso, dove al tempo la svizzera Givaudan-La Roche aveva sparso i suoi veleni, è nato il Parco del bosco delle querce.
L’effetto pandemia, a differenza del passato, sta portando alla possibilità non soltanto di ingannare un popolo per un periodo di tempo, ma alla possibilità di ingannare un’intero popolo per tutto il tempo.
Propaganda pandemica
A questa pandemia le persone non erano preparate perché in tempi recenti è la prima volta che accade qualcosa del genere. Nell’immaginario invece da molto tempo si è assimilata questa possibilità, seppur confusa e quasi irrazionale, costruita non con strumenti analitici e culturali, ma attraverso quello che per anni è stato propinato con immagini e informazioni veicolate dai media e dai social network che strumentalizzano, esaltano o banalizzano in base all’occasione; attraverso fiction, film, Netflix e appelli di organizzazioni umanitarie. Un’assimilazione attraverso la costante produzione della percezione dello stesso rischio.
L’attenzione generale sul Coronavirus, soprattutto in principio, quando si pensava ad una provenienza strettamente cinese, presto si è trasformata in rancore, odio e tanto altro verso i cinesi divenuti gli untori e i portatori di questa epidemia prima in Italia e poi nel mondo. Si è guardato in modo indignato alle mosse autoritarie della Cina con la biometria, con la rete 5G di sorveglianza e tracciamento, con droni nel cielo e con l’immagine di una città di milioni di abitanti come Wuhan deserta. Una propaganda massiccia apparentemente ingovernata ha cercato di dare materialità ad un nemico immateriale dove far dirigere tutte le angosce e le frustrazioni di tante persone sempre più spaesate e impaurite. Ben presto, quando per forza di cose lo sguardo ha dovuto spostarsi sulla situazione italiana, i nuovi untori sono diventati gli “irresponsabili”, coloro che non avevano adeguati comportamenti, rimodulando ancora una volta una forte campagna mediatica dove la voce dei governatori regionali descriveva una realtà che non coincideva minimamente con quello che succedeva nei territori dove la paura aveva fatto interpretare in modo ancora più restrittivo le prescrizioni dei primi decreti. Forse non si erano concordati al meglio nel dosaggio tra terrorizzare e reprimere. Fatto sta che per settimane abbiamo visto il susseguirsi di decreti sempre più restrittivi, volutamente ambigui, con moduli per l’uscita rinnovati costantemente per rendere vive e sotto costante pressione tutte quelle ansie che man mano crescevano anche a causa dell’espandersi dei numeri sui contagi. Chiudere tutto e subito hanno gridato gli strilloni regionali, ma poi tanti Call center, logistica e soprattutto tante fabbriche, in particolare quelle per componentistiche militari, hanno continuato a lavorare in situazioni critiche: in quelle condizioni fuori si rischiavano multe e perfino il carcere, ma dentro lo stabilimento vigevano le regole della produzione, tanto che sono stati distribuiti dei bonus per incentivare ad andare al lavoro.
L’attenzione è stata spostata, anzi sequestrata completamente verso la morte, mostrata continuamente, basta per tutte l’immagine dei camion dell’esercito pieni di bare che lasciano il cimitero di Bergamo in silenziosa processione, un’immagine che perfettamente si inscrive in una narrativa bellica da parte dei governi per descrivere l’attuale emergenza: “Siamo in guerra contro un nemico invisibile”. Una contabilizzazione della morte con cifre contraddittorie e discutibili date continuamente e aggiornate nel corso delle ore. L’immagine della morte si è poi accompagnata a quella degli eroi, gli instancabili sanitari, infermieri e dottori che fanno l’impossibile in una situazione disperata, facendo ricordare i vigili del fuoco dopo il crollo delle torri gemelle negli Stati Uniti. La situazione degli ospedali e in generale dello stato delle attrezzature non è stata censurata, nessuna giustificazione per cercare di dare un’altra visione della sanità italiana. No, questa è stata esposta oltre ogni limite trasformandola da “bene comune” in uno sfacelo comune in cui ciascuno poteva sentirsene parte. Si è arrivati quasi a contare gli spiccioli e a sperare che squadre di calcio o star del cinema facessero qualche donazione. Ci si è dimenticati che solo poco tempo fa la Fondazione Telethon è riuscita a far dirottare miliardi verso la ricerca per curare malattie genetiche rarissime, quando malattie comunissime come i tumori sono sempre più diffuse a causa dell’aria che respiriamo, del cibo che mangiamo e in generale per le condizioni di degrado ambientale in cui siamo costretti a vivere. Malattie che assumono numeri esorbitanti mai contabilizzati da nessuno e che non hanno mai fatto decretare lo stato di emergenza.
Nel conto dei morti si è aggiunto presto il conto delle mascherine, poi dei posti letto per arrivare alla mancanza di disinfettante. Nessuno si è preoccupato di indagare su quello che è successo al sistema sanitario nazionale proprio qui nel ricco Nord, reso disastroso dalle continue ruberie, tagli e privatizzazioni. I creatori di stati emozionali sequestranti si sono guardati bene di spostare il piano che avrebbe generato dubbi su dove stava la vera emergenza con il rischio di trovarsi in possibili situazioni di rivolta ingestibili come quelle avvenute in molte carceri, dove i numerosi detenuti morti sono li a dimostrare cosa c’è in campo.
È in mezzo ad una Bergamo ormai deserta e spaurita che sono arrivate le truppe, apparentemente per rispondere all’appello degli strilloni regionali che vedevano persone ovunque, da terra ma soprattutto dal cielo. Ancora una volta “il modello Greta” ha avuto la meglio, trasferendo su ogni singolo individuo la responsabilità di quello che sta accadendo: si può essere irresponsabili uscendo di casa (decreti regionali) o prendendo l’aereo (Greta) e si può essere cittadini responsabili in grado di dare un positivo contributo allo stato di cose presenti. Ma questo positivo contributo è solo una chimera, considerato che la maggior parte delle persone non incidono in niente su quello che hanno intorno: si possono fare cartelli con arcobaleni con frasi retoriche, magari aggiungendo bandiere nazionali e si può fare scrupolosamente la raccolta differenziata, finché per responsabilità si continuerà a intendere questo obnubilamento del pensiero critico e si continuerà a mettere in campo questa obbediente e generalizzata servitù su base volontaria.
L’intelligenza artificiale ci salverà
I processi tecnologici nel trasformare le società non fanno grandi balzi, anche se le innovazioni e le produzioni nell’alta tecnologia sono sempre più rapide, restano comunque dei tempi necessari che possono essere più o meno lunghi per la loro accettazione. Ed è proprio l’accettazione sociale il fattore determinante di questi processi, sarebbe impensabile adesso passare dallo smartphon come protesi esterna ai corpi a delle protesi più invasive come un microchip sottocutaneo. Tutti questi processi richiedono i loro tempi, ma anche che i contesti siano pronti ad accogliere quell’innovazione, per non rischiare di avere un rifiuto, come per il primo modello di occhiali a realtà aumentata di Google.
Lo scoppio della sindrome della “Mucca pazza”, scoppiata in Inghilterra a causa dei pastoni mortiferi di cadaveri con cui venivano alimentati in modo economico animali per loro natura vegetariani, ha fatto in modo che partissero su vasta scala processi di tracciabilità con l’utilizzo di tecnologie come l’RFID (Radio Frequency Identification). L’intero sistema zootecnico nel pieno di un’emergenza ha fatto un salto e si è riorganizzato per mantenere intatti i suoi profitti e allo stesso tempo rassicurando di non creare altri morbi così letali e soprattutto così immediati da poterglierne attribuire ancora le cause. Per il sistema industriale, ormai da tempo tecno-scientifico, i suoi effetti collaterali nel ciclo di produzione rappresentano sempre più non solo la normalità, ma anche una possibilità per potersi ristrutturare. La chiave della ristrutturazione è sempre tecnologica, qualsiasi sia stata l’origine del disastro. Quindi il problema non è una mucca resa “pazza” dall’alimentazione di pecore, ma la mancanza di tracciamento nella filiera, per avere sempre sotto controllo “la pazzia degli animali” e intervenire dove occorre con altre soluzioni tecniche, senza curarsi che queste siano ancora più pazze delle pazzie che si volevano curare.
È del resto curioso come negli anni sono state chiamate le pandemie e anche le epidemie più circoscritte. Molte hanno preso nomi da animali come la Suina, l’Aviaria, la Dengue, la sindrome della “Mucca pazza”, fino al Coronavirus, anche se non gli è stato dato un nome preciso legato a pipistrelli o pangolini, l’accostamento è continuo. Questa dicitura animalesca, che abbia o meno fondamento, trasporta il problema sempre verso l’esterno, un’entità altra dall’uomo che va a rappresentare la causa delle pandemie. A nessuno è venuto in mente di chiamare una pandemia da Homo sapiens, o si potrebbe cambiare la specie in Homo tecnologicus, sarebbe sicuramente più realistico considerato che è la società tecno-scientifica l’origine di tutto nei suoi processi di sostituzione, ingegnerizzazione e artificializzazione della natura.
Il così detto “stato di emergenza” si espande e si diffonde ovunque, non potrebbe essere diversamente in quanto i disastri si moltiplicano a vista d’occhio e sono sempre meno camuffabili. Spesso questi si combinano tra loro creando situazioni che lasciano spaesate la maggior parte delle persone, incapaci di intervenire e soprattutto malleabili ad accettare qualsiasi sacrificio fino a qualche ora prima impensabile. Se il disastro non è più camuffabile allora lo si esaspera e lo si mette nella maggior evidenza possibile, contando su un’anestetizzazione della capacità critica di chi guarda nel capire quello che ha realmente sotto gli occhi. Molti impianti nucleari ormai vengono costruiti vicino a centri abitati, con la condivisione del parco cittadino donato e curato gentilmente dalla stessa compagnia che ha messo l’impianto. La paura di un incidente atomico, chimico o di una pandemia non si vuole che scompaia. La percezione che si vuole dare, quella che deve essere assimilata, è una situazione sotto controllo: ci sono le radiazioni, ma ci sono tecnici che se ne occuperanno, c’è la diossina, ma non è nella concentrazione mortale, c’è una pandemia, ma è sufficiente mettersi in casa e chiudere l’ultimo cancello.
L’11 Settembre, con l’attentato alle Torri gemelle, o in Italia il G8 di Genova, sembravano semplici parentesi, “situazioni eccezionali” destinate a rimarginarsi e destinate a rientrare nell’alveolo democratico. L’11 Settembre ha permesso al governo degli Stati Uniti, sotto l’onda emotiva dell’America ferita, di inventarsi la minaccia del terrorismo e di scatenare due guerre: una all’esterno e l’altra all’interno con la creazione di leggi speciali atte a limitare, quando non a distruggere le libertà degli americani. A Genova tre brevi giornate hanno ben condensato cosa può fare uno Stato democratico e dopo quelle paure nulla poteva più tornare come prima, di questo il potere ne era ben consapevole, con un messaggio che non valeva solo per i movimenti in Italia. Quell’infrastruttura per torturare, imprigionare e uccidere non è stata più smantellata, è stato il resto del sistema che si è ristrutturato su questa.
Digitalizzare la società, ovvero a lezione da Google e company
Il Ministro dello Sviluppo economico (MISE), il decastero del governo italiano che comprende politica industriale, commercio internazionale, comunicazione ed energia ha reso molto chiaro come il Governo intende affrontare la questione della ripresa economica durante e soprattutto dopo l’”emergenza” Coronavirus. Sono stati stanziati, per cominciare, 25 milioni di euro per il progetto Case delle tecnologie emergenti: “dopo quella di Matera per progetti di ricerca e sperimentazione basati su Blockchain, internet delle cose e intelligenza artificiale”, rivolto ai comuni d’Italia per la sperimentazione di sistemi innovativi e per la realizzazione della rete 5G, sviluppo centrale anche nel decreto Cura Italia che ha dato il via libera a tutti i cantieri delle comunicazioni.
La ministra per l’Innovazione tecnologica e la digitalizzazione Paola Pisano, facente parte dei 5 Stelle, partito che da sempre ha avuto come riferimento la rete di internet e non il mondo reale per costruire la propria idea di democrazia, ha dichiarato: “Il digitale e l’innovazione sono alleati preziosi per farci vivere un quotidiano sostenibile, migliorando la nostra qualità della vita nonostante le limitazioni”. Il progetto della ministra denominato Solidarietà digitale intende mettere “a fattore comune tutti i servizi digitali per aiutare i cittadini a svolgere da casa ciò che prima si faceva in ufficio o a scuola”. Una solidarietà tra le macchine e la ministra non nasconde che queste non sono idee di adesso, ma è quello che hanno voluto sempre fare. Serviva un’emergenza di questo livello per annientare del tutto la già traballante solidarietà umana: le persone devono comunicare per mezzo di dispositivi, tra le macchine, non più tra loro, verso una degradazione e un’erosione di ogni relazione sociale in vista di un distanziamento sociale permanente.
Questi progetti prevedono una parte pubblica, ma soprattutto una parte privata. Sono proprio le compagnie private che non sono state minimamente toccate dalle restrizioni governative e questa crisi è stata un occasione per dare slancio ai loro progetti. In tempi di confinamento casalingo sono le compagnie dei Big Data che hanno sequestrato l’attenzione di milioni di persone perennemente collegate alla rete per cercare di orientarsi in qualche modo o semplicemente per svago, rendendo l’uso dello smartphone ancora più compulsivo. In questa fase di cambiamento forzato queste compagnie hanno stretto la loro morsa utilizzando tutto il loro armamentario per essere ancora più presenti e pervasive. Per esempio Google con le chat video, la posta elettronica, i software di produttività e l’intrattenimento di Youtube; Facebook che consente alle persone di vedere cosa stanno facendo amici e parenti e insieme a Instagram e Whatsapp aiuta a sostituire il contatto diretto tra le persone; tutti i dispositivi e le App di Apple che permettono alle persone di continuare a lavorare e che intrattengono i bambini al posto dei genitori seppur presenti. Nel progetto di Solidarietà digitale a sostenere lo sforzo collettivo ci saranno anche IBM che si concentrerà sul lavoro smart e Microsoft (rimasta orfana di Bill Gates rimasto a occuparsi di pandemie) che impiegherà le proprie tecnologie per il lavoro smart e la scuola.
Amazon assicura l’approvvigionamento di tutte le merci e anche l’intrattenimento digitale attraverso Prime video, Kindle, Andible. Nei supermercati e nella piccola distribuzione è stata vietata la vendita di quello che è stato ritenuto superfluo (libri, materiale di cancelleria…), ma questo divieto non è valso per la grande distribuzione immateriale di Amazon, settore evidentemente ritenuto essenziale anche nella sua logistica di distribuzione del superfluo.
Già dal mese scorso Facebook ha stretto una collaborazione con l’OMS offrendo spazi pubblicitari gratuiti per promuovere “un’informazione accurata”. Sulla stessa linea Google e Youtube promuovono e direzionano le ricerche di informazioni sul Coronavirus verso quello che dichiarano l’OMS con i media ufficiali e Google sta realizzando specifici siti internet per gestire la grande mole di informazioni. In una recente intervista il vice presidente di Facebook Molly Cutler ha dichiarato: “ci rendiamo semplicemente conto della serietà del momento e dell’importanza di fare ciò che va fatto in un momento in cui i nostri servizi sono davvero necessari”.
La Cina per contenere la pandemia ha semplicemente utilizzato e perfezionato su vasta scala tecnologie della sorveglianza già esistenti, la città di Wuhan ha un sistema di rete 5G e di Internet delle cose che è il più sviluppato al mondo. Due app come Alipay e WeChat, che in Cina hanno praticamente sostituito il denaro contante, sono state molto utili per applicare le restrizioni perché permettevano al governo di seguire costantemente i movimenti delle persone e di bloccare quelle che avevano contratto il virus. “Tutte le persone hanno una sorta di semaforo”, spiega Gabriel Leung, rettore della facoltà di medicina all’università di Hong Kong, un codice basato sui colori verde, giallo e rosso che compare sullo smartphone permettendo alla polizia e all’esercito, dislocati in apposite postazioni di controllo, di stabilire chi poteva passare e chi doveva essere fermato. Ovviamente la vita sociale con queste misure non è stata solo ridotta ma distrutta. Una delegazione a guida OMS in una recente visita in Cina ha posto molti dubbi e preoccupazioni per misure di contenimento così drastiche. Lo stesso organismo non si è però indignato quando le stesse modalità si stanno applicando in Europa e nel resto del mondo, semplicemente con un livello meno avanzato nella tecnologia della sorveglianza di cui la Cina è prima al mondo.
Questo tipo di misure rispecchiano quelle prese in contesti di contro-insurrezione, come l’occupazione militare-coloniale in Algeria o, più recentemente, in Palestina. Mai prima d’ora erano state prese a livello globale e con un tale apparato tecnologico a disposizione, né in megalopoli che ospitano gran parte della popolazione mondiale.
Nel mentre anche in Italia si stanno adottando modalità tecniche per mettere in campo il tracciamento dei contatti e quindi delle persone. Il garante della privacy in Italia assicura che “Lo scambio e, prima ancora, la raccolta dei dati devono avvenire nel modo meno invasivo possibile per gli interessati, privilegiando l’uso di dati pseudonomizzati (ove non addirittura anonimi), ricorrendo alla reindificazione laddove vi sia tale necessità, ad esempio per contattare i soggetti potenzialmente contagiati. Nella complessa filiera in cui si articolerebbe il contact tracing, soggetti privati – a partire dalle grandi piattaforme – dovrebbero porre il patrimonio informativo di cui dispongono a disposizione dell’autorità pubblica, alla quale dovrebbe invece essere riservata l’analisi dei dati”. La privacy è in se stessa una chimera, una promessa che non può essere mantenuta in partenza per il semplice motivo che la sua erosione è già iniziata da tempo. La privacy era già morta nella semplice diffusione di dispositivi come il telefono cellulare.
Nella raccolta di dati mancavano quelli sanitari per arrivare a trasformarci tutti in pazienti, tassello fondamentale per la gestione totale della nostra vita, il progetto Watson di IBM è già avanti in questa direzione. E se la macchina algoritmica promette di fare meglio dell’uomo perché ritornare indietro quando le relazioni umane facevano perdere tempo, con rischi per altro di possibili contagi?
Contrastare una nocività non significa solo considerare chi l’ha voluta, realizzata e resa necessaria, ma anche considerare quegli impostori che promettono di riuscire a mantenerla dentro dei precisi limiti e parametri, controllati e vigilati magari da un soggetto pubblico. E sta qui il punto: pensare di governare questi processi è un’illusione, questi immancabilmente prenderanno il sopravvento, avvalendosi ovviamente di un sistema di regolamentazioni etiche, sanitarie o di altra natura.
La direzione intrapresa è quella di una società cibernetica con un accompagnamento dolce verso la totale sorveglianza con una gestione e un condizionamento dei comportamenti delle persone. In mezzo a questo contesto sarà sempre più difficile e ridicolo parlare della tanto decantata “privacy” o dire che la rete 5G provoca i tumori. Il clima di emergenza ha trasformato la rete 5G in una “tecnologia emergenziale” accelerando l’installazione di un elevatissimo numero di nuove antenne partendo proprio dalle zone più colpite dal Coronavirus. La rete 5G nella retorica della propaganda è necessaria per sostenere lo sviluppo della digitalizzazione, l’aumentato traffico in rete e l’analisi algortimica di dati sanitari: “Pensate all’utilità che la rete 5G avrebbe nei collegamenti in ponti radio fra ospedali, protezione civile, regioni” afferma De Vecchis, presidente di Huawei Italia e significative sono anche le parole del Ceo di Zte Italia: “Quello che gli operatori devono fare è un ragionamento sul lungo termine per essere pronti ad affrontare le crisi, questa è una lezione per tutti: la rete Internet deve essere considerata con la stessa importanza di quella della distribuzione dell’acqua, del gas, dell’energia elettrica”.
La questione cruciale è comprendere che questo non sarà né una semplice parentesi, né una prova generale, ma l’inizio di quello che si vuole diventi la normalità e non più uno stato d’eccezione nella società del prossimo futuro. Fino adesso abbiamo visto solo su piccola scala la creazione e gestione delle varie emergenze, dal terrorismo alle catastrofi naturali, ma mai così su grande scala e con tale intensità. E non c’è dubbio che questo esercizio durerà molto più a lungo di quanto annunciato, aprendosi e ri-combinandosi a nuove situazioni che sono ancora difficili da prevedere e da comprendere nella loro totalità e nelle loro conseguenze ultime.
In una società in cui vengono digitalizzate le nostre stesse relazioni e le nostre vite cosa ci resta da fare? Ivan Illich diceva che dobbiamo descolarizzare la società quando criticava il sistema educativo, a noi non resta che disconnettere il più possibile e in ogni dove questo mondo macchina prima che vengano irrimediabilmente perduti i significati più semplici e profondi su cos’è un essere umano, la libertà, la natura. Il mondo macchina a questo ha già risposto, a tutti gli individui che anelano ancora alla libertà non resta che tagliare le maglie di questa rete che ci imbriglia.

Bergamo, marzo 2020
Resistenze al nanomondo

REPORT DEI PRESIDI CONTRO 5G E SMART CITY A OLTRESSENDA ALTA E BIANZANO (BG)

A maggio 2018 sono stati selezionati 120 piccoli comuni italiani per la sperimentazione della Rete 5G alla totale insaputa degli abitanti. 

Tra questi troviamo i comuni bergamaschi di Oltressenda Alta (Valle del torrente Ogna) e Bianzano (tra la Valle Seriana e la Val Cavallina) in cui verranno installati nuovi ripetitori per l’irradiazione del segnale 5G firmati Telecom Italia, Vodafone e Iliad che si prefiggono di rendere operativa l’infrastruttura entro il 2022.

Così – nel silenzio – sotto la bandiera della generosità tecnologica, i piccoli paesi diventano campo di prova – e quindi di avvio – del futuro “Smart” che vorrebbero propinarci e gli abitanti involontari oggetti di sperimentazione ad alte frequenze.

Radiazioni elettromagnetiche, antenne, telecamere e sensori andranno a ridisegnare anche i territori montani sottolineando quanto la rete 5G sia espressione di un sistema pervasivo e assolutistico.

 

Report dei presidi contro la Rete5G e i progetti di Smart City ad Oltressenda Alta e Bianzano:

Rocce spolverate di neve, silenzio ovattato e la calma cadenza di due piccoli paesi di montagna.

Lo striscione “Smart City e 5G: controllo, biometria, tumori e radiazioni” aleggia nell’abbraccio delle Alpi Orobie e si affaccia sui pendii della valle che si intrecciano ai piedi della montagna.

Ad Oltressenda Alta nessuno sa niente. Gli abitanti non sono stati informati di essere soggetti di una sperimentazione già in corso, della svendita dei territori e delle centinaia di antenne che verranno installate a breve. Lo Stato ha già venduto i lotti di frequenza e ora Vodafone, Telecom Italia e Iliad hanno il patrocinio statale per imporre radiazioni e controllo ai nasolinensi e ai vicini bianzanesi.

Il volantinaggio va bene e le persone si fermano a parlare con noi reagendo con interesse e voglia di mettersi in campo per informarsi e capire cosa sta succedendo.

Tra la chiesa e il comune abbiamo modo di conoscerci, guardarci in volto e prenderci il tempo per parlare insieme di cos’è la Rete 5G, quali implicazioni comporta e con che modalità viene imposta dall’alto.

Osserviamo che in un piccolo comune di 170 abitanti, solo nella piazza centrale ci sono 4 telecamere.

A piccole dosi ci si abitua a questa normalità scandita da fotogrammi e registrazioni.

Nel primo pomeriggio ci spostiamo verso Bianzano, passando per altri piccoli paesi e silenziose aree boschive.

E’ il paese più piccolo della valle, 600 abitanti circa, e il suo borgo medievale si affaccia sul Lago d’Endine più in basso.

Riusciamo a volantinare lasciando i nostri volantini in tutto il paese scambiando qualche informazione con chi incrociamo sulla strada.

Nella Sala della Comunità troviamo un momento per confrontarci con alcuni abitanti e qui la situazione è diversa. L’informazione (non ufficiale) della sperimentazione è girata, qualcuno si è informato e già se ne parla con disappunto.

C’è già chi è contrario e rifiuta l’imposizione di scegliere sulla vita propria e di tutti. La rete 5G non la vogliono né lì né altrove. Questo trattamento non dev’essere riservato a nessuno.

Non tutti hanno internet e non tutti hanno voluto adeguarsi al telefonino ma la retorica della “generosità tecnologica” per installare la rete 5G qui non funziona, anzi, c’è voglia di mettersi in campo, informarsi e fermare questa corsa alla digitalizzazione dei territori e dei corpi tutti.

 

Il tecnototalitarismo con i suoi apparati cerca di mettere le radici negli ambienti montani e geograficamente solitari attuando una strategia differente rispetto alla classica tendenza di utilizzare le città come polo di sviluppo di progetti pilota da poi imporre su tutto il territorio, ma utilizzando piccoli paesi isolati a bassa densità abitativa per attuare sperimentazioni di ingegneria sociale nel silenzio totale.

Poca risonanza, lontananza e poca opposizione (almeno così s’immaginano) sono gli elementi per mettere in campo progetti strategici per lo sviluppo di ambienti “smart” e sorvegliati in cui gli abitanti si trasformano in mere pedine di una SimCity a cielo aperto.

 

FERMIAMO I PROGETTI PER LA RETE 5G A OLTRESSENDA ALTA E BIANZANO

NO ALLA RETE 5G NE’ QUI NE’ ALTROVE

I CORPI E I TERRITORI SONO INDISPONIBILI

Per rimanere aggiornato sui prossimi appuntamenti e iniziative, tieni controllati i nostri siti:

Spazio di documentazione La Piralide
www.lapiralide.noblogs.org  –  avvelenate@anche.no
Collettivo Resistenze al Nanomondo
Rete 5G Fermiamola ora!

5G: QUALCUNO STA DECIDENDO PER NOI!

5G: QUALCUNO STA DECIDENDO PER NOI!

La rete 5G non ha niente a che vedere con le attuali reti in uso. Il fitto raggio di microonde millimetriche e lo strato di radiazioni elettromagnetiche a cui saremo esposti non avrà precedenti ed aumenterà in modo esponenziale. Sarà impossibile sfuggirne: sia nelle città che nelle campagne saremo sottoposti 24 ore su 24, 365 giorni l’anno a livelli di radiazioni centinaia di volte superiori rispetto a quelli esistenti oggi.

Le onde elettromagnetiche sono cancerogene e provocano danni a livello genetico, riproduttivo, neurologico, il tutto aggravato dall’elevato numero di dispositivi, sensori e impianti in continua trasmissione tra loro. Nel concreto, la rete 5G necessiterà di nuovi ripetitori molto più potenti dei precedenti con una vicinanza uno dall’altro di non più di 100 metri o anche meno a seconda del luogo. Una nuova tecnologia di così ampia portata, con conseguenze così definitive, è già tra noi e si sta diffondendo in ogni parte d’Italia con l’installazione di migliaia di antenne 5G.

Fino adesso ci siamo sentiti dire che i ripetitori della telefonia mobile a causa della loro nocività dovevano stare a una certa distanza di sicurezza dalle scuole e dai bambini per il fatto di essere particolarmente vulnerabili ai campi elettromagnetici. Oggi la necessità delle stesse compagnie telefoniche baratta nuovi smartphone e nuove tecnologie con la nostra salute, ed il risultato è la distruzione di ogni nostra autonomia di decisione su qualsiasi cosa, dove l’unica scelta possibile sarà tra digitare Google e le App cittadine. In tutto questo processo per il quale nessuno ha chiesto il nostro parere, dove ogni spazio viene distrutto in chiave tecnologica, la dimensione sociale viene schiacciata, ci si richiama a questa solo per annientarla definitivamente sotto i colpi di innovazioni lontane dai reali bisogni delle persone.

La propaganda 5G ci mostra nuovi smartphone velocissimi, operazioni chirurgiche realizzate a distanza da innovativi chirurghi e smart city iperconnesse.

La realtà è ben diversa: la sanità è sempre più in mano a compagnie farmaceutiche private, mentre negli ospedali si muore per un batterio o per mancanza di personale. Le città sono sempre più in mano alle varie mafiopoli della gentrificazione, il ponte Morandi e il Parking Fara insegnano molto a riguardo. Con la 5G non solo saremo dei consumatori informati e spiati all’istante ma saremo trasformati in merce, con tutti i nostri dati digitalizzati e in rete che saranno saccheggiati, gestiti e usati dalle più svariate compagnie.

Non restiamo passivi di fronte a tutto questo. L’infrastruttura che ci circonderà non potrà più essere ritirata indietro una volta immessa. Politici e tecnoscienziati ci fanno desiderare la “città intelligente” spacciandola come soluzione alla crisi ecologica da loro stessi prodotta.

Come siamo allontanati sempre più da un vero potere sulle nostre vite, con gli algoritmi di Amazon che ci guidano nelle nostre scelte, la città “intelligente” ci priverà del nostro libero arbitrio in maniera insidiosa. Nessun obbligo imporrà lo smartphone 5G ma di fatto si sta creando un contesto in cui non solo sarà impossibile farne a meno ma nel frattempo sarà diventato anche desiderabile.

A maggio 2018 sono stati selezionati 120 piccoli comuni italiani per la sperimentazione della Rete 5G alla totale insaputa degli abitanti.

Tra questi troviamo i comuni bergamaschi di Oltressenda Alta (Valle del torrente Ogna) e Bianzano (tra la Valle Seriana e la Val Cavallina) in cui verranno installati nuovi ripetitori per l’irradiazione del segnale 5G firmati Telecom Italia, Vodafone e Iliad che si prefiggono di rendere operativa l’infrastruttura entro il 2022.

Così – nel silenzio – sotto la bandierina della generosità tecnologica, i piccoli paesi diventano campo di prova – e quindi di avvio – del futuro “Smart” che vorrebbero propinarci e gli abitanti involontari oggetti di sperimentazione ad alte frequenze.

Radiazioni elettromagnetiche, antenne, telecamere e sensori andranno a ridisegnare anche i territori montani sottolineando quanto la rete 5G sia espressione di un sistema pervasivo e assolutistico.

Fermiamo ogni progetto di 5G e Smart City!

Che gli spazi tornino ad essere sociali e non occupati da antenne, sensori e “intelligenze” artificiali. 

Spazio di documentazione La Piralide

via del galgario 11/13 Bergamo – avvelenate@anche.no

Collettivo Resistenze al nanomondo

www.resistenzealnanomondo.org

Rete 5G fermiamola ora!

facebook.it/rete5gfermiamolaora